Festival delle Nazioni Cittá di Castello, 2 settembre 2015
-I quattro pannelli affidati alla voce di Boni, pochi paragrafi su un testo labirintico che Kraus distese con la lucida ferocia di un minotauro erano intercalati dalle esecuzioni del quintetto d’ archi della Wiener Kammersymphonie, esecutori impareggiabili per intonazione,
velluto timbrico e ironico spessore descrittivo.
Su un bel pannello in tinte rosso, bianco e nero, un Esagramma realizzato da sei artisti (Baldelli, Lensi, Mariacci, Mariucci, Meoni e Tomassetti) gli archi viennesi, veri testimoni della inimitabile “leggerezza”della civiltà musicale Mitteleuropea, si sono addentrati in un fascinoso cammino in cui la trascrizione del primo tempo della Quarta sinfonia di Mahler era forse la cosa meno interessante. Perché colpiva subito la raccolta di Hans Gal, cinque intermezzi dell’ op. 10, musica soffice, una meringa sonora datata 1914, una trama di sensazioni ancora legate all’ ottimismo dell’ Austria imperiale.
Sono invece del 1910 le cinque favole di Korngold: non c’ è ancora drammaticità, ma nella seconda si respira il suono incantato degli echi brahmsiani, mentre nell’ Andantino conclusivo c’ è un sentore di valzer degli addii. Rabbrividente la breve sintesi dell’ op. 146 di Krenek con cui, nel 1955 viene rievocata una seconda dissoluzione mondiale: dieci aforismi che raggelano come le frasi di Kraus.-
STEFANO RAGNI (Giornale dell’ Umbria)
